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giovedì 10 giugno 2010

Diviso tra i mondi: Vittorio Catani

Al 2007 risale invece l'intervista che mi concesse, in due puntate, Vittorio Catani. Grandissimo della sf italiana, all'epoca doveva ancora avere le soddisfazioni più importanti della sua carriera di scrittore: era appena uscita la splendida antologia L'essenza del Futuro, ma soprattutto stavamo ancora aspettando il capolavoro, Il quinto principio, che Urania ha pubblicato lo scorso anno. Si parla di entrambi, anche se il secondo era ancora in gestazione. Prima puntata scritta, seconda in voce. Nell'intervista scritta anche qualche riferimento alla situazione politica: ampiamente superato in senso strettamente cronologico - era ancora al governo il Centrosinistra, e sembrano passati secoli. Ho deciso di lasciare questa parte perché concorre a dipingere un quadro più efficace dell'"intellettuale" Catani.

Vittorio, perché ti incaponisci a scrivere sf da tanto tempo?

Poniamo che la letteratura sia come un gioco, per esempio il famoso Lego. Per usare la macchina narrativa, lo scrittore deve manovrare i pezzi del gioco componendoli in una costruzione che ha le sue regole. Ebbene, credo che la fantascienza abbia, nella sua scatola di gioco, tanti pezzi in più che le consentono d'occuparsi di moltissimi argomenti, altrimenti negati. La società del futuro; l'impatto delle nuove telecomunicazioni; le trasformazioni del corpo umano e del modo di pensare legate alle nuove protesi, all'ingegneria genetica, alle scoperte della chimica; le nuove frontiere della fisica e della cosmologia; centri occulti di potere; grandi trasformazioni geopolitiche... Diciamo che oggetto, il "gioco" della fantascienza, è l'universo intero, non solo il nostro pianeta; l'essere vivente (comunque sia composta la "vita"), non solo le specie terrestri o con morfologia terrestre. Il fantascrittore può così "divertirsi" a smontare e rimontarne i suoi particolari pezzi per cercare di ottenere soluzioni o visioni inedite. E' questo che mi piace della fantascienza. Il poter dar voce a tutte le componenti creative: avventura, riflessione, ipotesi, filosofia, etica, anticipazione, e così via. Penso alla fantascienza, nel suo insieme di migliaia di racconti e romanzi prodotti in un secolo circa, come a una sorta di grande "scansione critica" dell'intera realtà e soprattutto delle fantasie, delle attese, dei dubbi, delle paure dell'umanità. Visto così, il genere mi sembra abbia un potenziale esplorativo e narrativo particolarmente ricco. Non solo: anche un potenziale critico, o di demistificazione. Usata nel modo opportuno, la fantascienza può ritrovarsi (e si è spesso ritrovata) in prima linea. Questa è ovviamente una mia visione a posteriori. Allorché mi avvicinai alla fantascienza come lettore avevo 12 anni e rimasi subito conquistato da un romanzo, oggi un "classico" avventuroso: "La Legione dello spazio" di Jack Williamson, un grande della science fiction anni '40/50. La storia aveva scenari sconfinati, un'ebbrezza dello scoprire, del mistero, del lottare contro terribili (e orribili) forze del male... Non avevo mai incontrato pagine così intense e nuove. Mi inocularono un virus che, sia pure con momenti di stanca se non di allontanamento, dura da oltre mezzo secolo.

Pensi che la fantascienza ti abbia "dato" qualcosa? Cosa pensi possa "insegnare" la fantascienza?

Dirò una cosa che credo sia abbastanza illustrativa: io ho regolarmente frequentato le scuole, ma ritengo che la mia vera scuola sia stata la fantascienza. Sembrerà eccessivo. Forse lo è. Che lo sia o meno, è comunque la scuola a uscirne con le ossa rotte, almeno in questo caso. Parlo della scuola del mio tempo (1945/1958). Nulla come la fantascienza mi ha insegnato tanto, o mi ha spontaneamente spinto tanto a interessarmi ad alcuni argomenti. Questa narrativa non solo mi faceva scoprire che esistevano discipline, materie, oggetti, questioni di cui nulla sapevo, quanto anche conquistandomi con i suoi personaggi e le sue avventure, ha poi saputo indurmi a cercare maggiori dettagli su quanto leggevo. Mi ha fatto inoltre conoscere il senso del mistero, la consapevolezza del raziocinio umano e dei suoi limiti... E molte altre cose. Ti racconto un episodio. Alle scuole medie un insegnante una volta ci disse che l'uomo non sarebbe mai potuto giungere sulla Luna, perché se non c'è aria nello spazio un aereo non riesce a reggersi. Mi sembrò subito una grande sciocchezza, perché un mio insegnante-idolo molto esperto, Isaac Asimov, mostrava il contrario nei suoi racconti. E anche Jack Williamson. E altri. A quell'epoca non era facile trovare testi tecnici su cui si potessero verificare asserzioni del genere, tuttavia nel 1957 apparve nelle edicole la mitica rivista Oltre il Cielo, che aveva per sottotitolo proprio Missili e razzi e pubblicava fantascienza (di autori italiani): mi parve una conferma definitiva. Per parodiare il titolo di un famoso saggio storico-religioso: "la fantascienza aveva ragione". In tempi successivi la fantascienza mi dimostrò che con le più sottili "armi" della satira, dell'ironia, del capovolgimento del punto di vista, dello straniamento cognitivo, dell'estrapolazione eccetera, alcuni scrittori creavano storie (per me) rivoluzionarie, simili a specchi in cui si rifletteva un'immagine distorta del mondo.


Come viene visto nel sud il fantascrittore? Quali sono le possibilità della fantascienza dalle tue parti?


Considera che negli anni '40/50 l'Italia, specie al sud, era ferma ai tempi dell'Ottocento... fatta eccezione per la luce elettrica e la radio. La Puglia, come tante altre regioni italiane, viveva di agricoltura. Ero quindi in una società agricola, se non rurale. Tutto questo però non aveva solo svantaggi, e anzi mi ha "segnato" molto, nel senso che il mio amore per la natura e la campagna sono in fondo l'imprinting dei miei primi ricordi "contadini". Ma quanto all'aspetto culturale, evolutivo, emancipativo, questa situazione fu un autentico disastro, fin quasi agli anni '70. Pensa che io mi "vergognavo" (è la verità...) di andare in edicola ad acquistare "Urania", e attendevo di essere il solo ad avvicinarmi al chiosco. Negativissime esperienze (che toccavano il dileggio) con compagni di classe o amici o in famiglia mi avevano reso molto sensibile. Devo dire che, parecchio più tardi, ho appreso di non essere stato il solo a patire questa sorta di ostracismo. Agli inizi degli anni '60 ascoltai alla radio un'intervista non ricordo a chi, il quale diceva di essere lettore di fantascienza e ricordava, tra il serio e il faceto, come negli anni '50 lui e alcuni suoi "compagni di vizio" si sentissero quasi dei carbonari e fossero costretti a non divulgare la loro insana passione, pena l'apartheid... Ovviamente da tempo le cose non stanno più così. Devo anche dire che quando nel 1990 uscì il mio romanzo vincitore del premio Urania, "Gli universi di Moras", mi presentai alla direzione della "Gazzetta del Mezzogiorno" per offrire un mio contributo su argomenti, diciamo così, fanta-futurologici e su spunti tecnologici di attualità. La cosa destò interesse; fui messo alla prova. Una collaborazione che dura da sedici anni. Sulla "Gazzetta" ho anche curato rassegne estive di storie fantascientifiche, invitando a collaborare nomi italiani fra i più noti. Da cosa nasce cosa. Otto anni fa Ignazio Lippolis, redattore della "Gazzetta" nonché poeta, fondò il trimestrale di ecologia "Villaggio Globale". Ogni fascicolo sarebbe stato dedicato a un tema specifico; il primo era: l'atmosfera terrestre. Lippolis mi chiese se fossi disponibile a scrivere un raccontino di 3 o 4 pagine, di volta in volta incentrato sul tema del relativo fascicolo. Avevo sempre sognato di poter coniugare fantascienza con ecologia. Mi misi all'opera. "Villaggio Globale" ha trattato moltissimi argomenti e sta per uscire il n° 34 (tema: "il bocciolo"). Chi sia interessato può leggere i testi (inclusi i miei 33 raccontini) anche sul sito della rivista. Ancora, da cosa è nata cosa: nel 2004 ho raccolto alcuni di questi lavori nel volume Storie dal Villaggio globale. 21 racconti tra ecologia e fantascienza. L'anno seguente il libro ha vinto il Premio Italia nella categoria "Romanzo o raccolta di racconti".


In che modo è cambiato, nei decenni, l'atteggiamento della gente comune verso la sf?



Ecco, qui mi dai l'occasione per... contraddire quanto ho appena affermato, O meglio, per fare delle precisazioni. Devo quindi aggiungere che, a parte la faccenda della "Gazzetta" o della rivista d'ecologia, ovviamente non tutto è oro. Resta, specie nelle generazioni meno giovani (talora anche nelle giovani), un fondo di preclusione se non di rigetto che pare sia fisiologicamente ineliminabile. A volte sono stato coinvolto pubblicamente, in modo anche aggressivo. Triste faccenda che mi ha sempre riportato ai tempi peggiori. Ma immagino che sia così non solo al sud. Anche qui avrei un aneddoto, purtroppo non fantastico. A metà anni Settanta pubblicai un romanzo breve su un numero speciale di "Nova Sf" (Libra editrice, rivista fondata e diretta da Ugo Malaguti), unico numero di "Nova Sf" interamente dedicato ad autori italiani. Inviai una copia alla direzione della "Gazzetta" chiedendo se fosse possibile avere una recensione. A quell'epoca non avevo alcun tipo di rapporto con il quotidiano. La mia richiesta venne raccolta e "filtrata" da tale signor Loiacono. Ogni tanto telefonavo al signor Loiacono, chiedendogli se avesse da dirmi qualcosa: quanto meno una risposta, positiva o negativa; ma ogni volta il tutto si risolveva in un rimando. Alla fine, esasperato, richiamai con l'intenzione di togliere il disturbo in caso di un ulteriore dilazione. Mi rispose l'ineffabile signor Loiacono: "Chi parla?" "Sono Catani. Ricorda?" Loiacono: "Ah... sì: l'extraterrestre!" Piantai tutto.


Si sente dire che la fantascienza tratta storie che finiscono sempre male. Secondo te è vero? E perché?


E' vero. Una volta c'erano anche storie ottimistiche, addirittura comiche. Comunque credo sia nella natura della fantascienza il finale catastrofico, o drammatico. E più che alla comicità la fantascienza ricorre alla satira, al grottesco, se non al demenziale. Insomma si ride o sorride a denti stretti di un mondo che scivola sulla buccia di banana, d'un intero universo che ti sbatte la torta in faccia. Si ride per non piangere. La fantascienza rispecchia, proiettato su un futuro di fantasia, l'animo dell'immaginario sociale del momento. E non credo oggi sia tempo di vacche grasse. Da ragazzo l'idea di "futuro", del favoloso "anno 2000", suscitava immagini grandiose, viaggi spaziali di linea, malattie vinte, mondo pacificato, meraviglie tecnologiche. Oggi la precarietà è regola, la maggior parte della gente ogni mattina si conta il denaro in tasca e la situazione internazionale non invita alla distensione. Ombre sempre più lunghe si allungano sui giorni che ci attendono. Chi potrebbe sensatamente anticipare un mondo a venire radioso, di magnifiche sorti e progressive? Tuttavia in queste macerie la fantascienza può se non altro fornire uno spunto diverso, un'idea nuova, qualcosa che comunque possa ridare una speranza. Una visione critica del futuro ma per esorcizzarlo, per dirci: "Vedete, dovremmo evitare che si giunga a quanto ora abbiamo immaginato". Come scrisse Clifford Simak, anche nelle sue peggiori antiutopie "la fantascienza è la narrativa della speranza".


Com'è cambiata secondo te la sf in 50 anni? E la fantascienza oggi ti sembra in declino commerciale? Quali i tuoi autori preferiti?


La fantascienza è cambiata nel tempo, attraversando vari periodi ai quali sono stati attribuiti etichette. L'Età d'Oro (fantascienza avventurosa), la social science fiction (anni '50/60, autori di punta Sheckley, Tenn, Pohl, Kornbluth e altri); New Wave (anni '70, con i vari Moorcock, Ballard, Malzberg, Ellison, Farmer, Disch...); cyberpunk ('80/90, Gibson, Sterling, Cadigan, e mille ancora); post-cyberpunk (Neal Stephenson...) eccetera. Per un lettore che abbia vissuto la fantascienza in Italia dai suoi esordi, non sempre è stato facile accogliere il nuovo e apprezzarlo. Vari miei amici non hanno mai digerito il cyberpunk, o l'hanno semplicemente ignorato. Eppure è stato un filone fondamentale. Col cyber è tornata anche, aggiornata, una nuova fantascienza dalle notevoli implicazioni sociali. Sì, c'è un declino commerciale e soprattutto un declino di contenuti. Sarebbe lungo accennare a tanti motivi intrecciati fra loro. Secondo me, comunque, c'è anzitutto una sorta di stanchezza fisiologica del genere. Poi, oggi la scienza (cui il genere attinge per sua natura) diviene sempre più complessa ed esoterica. Inoltre negli Usa la fantascienza è diventata un business, specie cinematografico, mentre ai "vecchi tempi" gli autori per campare facevano anche altri mestieri; insomma esisteva anche un aspetto sanamente "amatoriale" nello scrivere. E vigeva la buona abitudine dei romanzi di 200 pagine, non di 2000 (solitamente annacquate). Inoltre - come scrivevo prima - è cambiato il futuro; la gente è scoraggiata, difficile che sia disposta a leggere di ulteriori guai dietro l'angolo. Un colpo finale viene dalla contaminazione dei generi. Tuttavia, come giustamente fa notare Valerio Evangelisti, anche se la fantascienza muore, mai nessun'altra narrativa può vantare una morte migliore, perché essa si è dispersa nel reale: il nostro linguaggio è ormai ricco di termini regalatici dalla fantascienza. In tutto questo processo, io resto comunque fortemente ancorato ad alcuni nomi. Dai "vecchi" Williamson, Clarke, Simak, Asimov, Sturgeon, Simak, Sheckley, Reynolds, Pangborn, Lafferty, C.M. Moore, Tiptree jr., LeGuin, Brunner, Silverberg (dal quale ho ripreso molto quanto a scrittura) e altri, ai più recenti Sterling, Egan, e via dicendo. Resto un estimatore convinto della fantascienza italiana; i nomi, diversamente da quanto si pensa, sono moltissimi e vanno, cronologicamente, da un Aldani (ovviamente) a un Evangelisti (ovviamente!), ad altri più recenti come Debenedetti e Cola... Ma potrei riempire una pagina.

Cosa ti sarebbe piaciuto fare e cosa fai in realtà?

Probabilmente lo scrittore a tempo pieno, o comunque un lavoro connesso con la scrittura. O anche con la musica. Da piccolo studiai pianoforte un paio d'anni, poi interruppi distratto da altre cose. Ho rimpianto questa interruzione per tutta la vita. Ora continuo a strimpellare per mio conto, ma la musica conserva per me una parte importante almeno quanto la narrativa. A parte tutto questo ho trascorso in banca 37 anni, l'ultima quindicina come direttore di agenzia qui a Bari. Diciamo che con la banca "campavo", mentre nei ritagli di tempo (di notte, nei sabati, nelle domeniche, in festività, ferie, convalescenze) "vivevo"...

Tu sei un uomo chiaramente schierato a sinistra: come vedi il cambio di rotta nel nostro paese?

Lo vedo con il sollievo che inevitabilmente può provare una persona di sinistra, ma commista ad apprensione per gli sviluppi futuri, e anche con un senso di rassegnazione. Siamo sempre più lontani dal mio concetto di sinistra. Che non corrisponde, sia chiaro, al "socialismo reale" di infausta memoria, né a tutti i regimi totalitari che sono stati etichettati come "comunisti". In realtà nell'Occidente il comunismo, o meglio la sinistra in genere, ha portato - checché se ne dica - grandi benefici, perché ha elevato a una più dignitosa condizione i lavoratori nelle aziende e ha realizzato una redistribuzione del reddito, esiti entrambi a vantaggio di tutti. Se l'Italia, che a fine guerra era un cumulo di rottami e un paese contadino, non è rimasta a uno stadio feudale o di paese neolatino, lo si deve molto a questi risultati della sinistra.
Non per nulla, quasi azzerato oggi il sindacato, dilagano l'incertezza e la difficoltà di crearsi un futuro, continua a crescere il divario tra ricchi e poveri anche all'interno dei Paesi ricchi. Forse per chi non sia di sinistra questo è un buon segno, anzi è giusto che sia così; per me è una regressione imperdonabile, non etica, preoccupante. Perché il denaro circola, anzi ne circola molto più di prima. Altro che crisi, ristrettezza e ulteriori balle. Ma il denaro si ferma nelle tasche dei soliti noti. Negli anni ho scritto varie storie fantascientifiche, di differente lunghezza (da poche pagine a un centinaio) a soggetto apertamente o sotterraneamente politico, nelle quali ci sono personaggi che cercano in qualche modo di contribuire all'edificazione di un mondo diverso.

Universi paralleli, ucronie: che ne pensi? Credi che rivedere ucronicamente il fascismo sia un po' da destrorsi?

Gli universi paralleli sono un tema che amo molto e fra i più affascinanti della fantascienza. Su di esso si incentrava il mio (per ora unico) romanzo, già citato, Gli universi di Moras. Non credo proprio che parlare ucronicamente del fascismo sia da destrorsi. Abbiamo numerosi esempi in campo strettamente fantascientifico, e anche al di fuori della produzione solitamente etichettata come fantascienza. Bisogna vedere da che angolazione si affronta il tema: se in modo critico o apologetico o neutro... posto che si possa restare neutrali su argomenti del genere. Ciò che vale comunque, sia chiaro, è il messaggio che il lettore recepisce, non la dichiarazione d'intenti dell'autore. Spesso l'autore esprime sulla pagina atteggiamenti che vanno al di là delle sue intenzioni, o che le contraddicono: non accade solo se scrive ucronie, naturalmente.


Sf di destra e di sinistra. Come mai, se il mondo degli appassionati è così piccolo, si litiga ancora tanto tra fan dell'uno e dell'altro credo politico?


E' una... vecchia e nobile tradizione di un ristretto gruppo all'interno della fantascienza italiana. La frizione nacque nei primi anni '70, e da allora non si è mai del tutto placata. Da un lato, può essere un segno della vitalità d'una fantascienza nostrana. Dall'altro, in alcuni casi lo scontro ha portato a situazioni come minimo imbarazzanti se non peggio. Secondo me ciascuno deve essere libero di scrivere quello che gli pare. Saranno i lettori a giudicare. Tuttavia da uomo di sinistra, o comunque da uomo non di destra, vorrei ricordare un concetto che forse qui apparirà fuori luogo, ma per me non lo è. Il fascismo - dal mio punto di vista - è stato una rovina per l'Italia, ma non solo perché ci ha trascinato in una guerra di decine di milioni di morti. Lo è stato anzitutto perché era una dittatura. E quindi si avvaleva di squadracce, obblighi a grandi adunate e a iscrizioni al partito unico, divieti di importare alcuni generi di cultura, censura o stroncature di Stato su ciò che si scriveva, prigione e confino politico per gli oppositori, leggi razziali che distrussero migliaia di famiglie, invio in Germania di convogli carichi di ebrei, connivenze col nazismo, orrori contro le popolazioni slave di confine, orrori ed eccidi (anche con gas) nelle famose Colonie, scempi ecologici, e chi più ne ha... Pertanto, anche se tutti i morti sono uguali (da morti), io ritengo fermamente - potrò sbagliare - che la giustizia stesse solo da una parte. Vero, oggi non abbiamo la libertà che molti auspicherebbero e che io stesso desidererei. Ma per l'Utopia ci stiamo attrezzando. Specialmente nelle storie di fantascienza.


Progetti letterari per il futuro?


Ho tre romanzi nel cassetto. Due risalgono a vari anni fa e andrebbero revisionati e ampliati. Ho terminato di scrivere il terzo tre mesi fa, è lungo l'equivalente di 650 vecchie cartelle standard quindi non avrà un collocamento facile... ammesso che si tratti di un lavoro leggibile. Va rivisto anch'esso; s'intitola "Il Quinto Principio" e tanto per cambiare è (anche) la storia di una rivoluzione. Su gentile invito di Massimo Citi, un estratto del romanzo apparità sul prossimo volume di Alia (n° 4, sezione italiana), l'antologia del fantastico edita da CS Coop. Studi Libreria Torino. Inoltre la Perseo Libri ha in corso la pubblicazione in volume dei miei racconti più rappresentativi (una cinquantina di titoli), nella meritoria collana "Narratori europei di fantascienza". Dovrebbe uscire entro l'anno.

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