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mercoledì 9 giugno 2010

Chi ha paura della verità?

Solo dopo giorni, e smaltito lo sdegno iniziale contro Israele, trovo modo di esprimere qualche altra considerazione a proposito di quanto accaduto al largo di Gaza. I media ci hanno proposto il rientro in Italia di alcuni pacifisti trattenuti dalle autorità israeliane. Tra costoro, Manolo Luppichini, che ricostruisce a caldo quanto sperimentato su una nave prossima alla Mavi Marmara. Al di là dell'enormità di quanto accaduto - l'uccisione di almeno nove o dieci persone - anzi, proprio in forza dell'enormità di quanto accaduto, sarebbe opportuno saperne di più. Chi era la gente armata che ha reagito all'attacco israeliano, o che, attaccando i soldati all'abbordaggio, potrebbe avere concorso a una reazione omicida?
Perché Luppichini, che oltre a essere testimone diretto di molti eventi, è anche giornalista, non ha proferito verbo su questo fondamentale aspetto della vicenda? Perché, nel non limitarsi a quanto direttamente ha visto, ha ritenuto di riferire anche dei "si dice" non facilmente riscontrabili?
Perché in ultima analisi Israele avrebbe dovuto organizzare una strage a freddo, ben sapendo che questo gesto l'avrebbe isolata internazionalmente, senza contare l'apertura di un'inedita polemica all'interno della stessa opinione pubblica dello Stato Ebraico?
E perché mai, infine, in questo mondo che reagisce in modi non del tutto prevedibili, il più trito dei Muri di Berlino resuscita proprio a Roma?
Vero è che in queste sabbie mobili oggi affonda a quanto pare anche un'istituzione della stampa come la Reuters, ma sarebbe ora di mettere un a capo e ricominciare a fare informazione come si deve. Interpellando tutti, mettendo a confronto tutte le versioni. Bisogna fare presto, però: la verità non è un monoblocco, ma la ricostruzione, mattoncino per mattoncino, di tutte le concause di un evento. Sostenere che non si ha bisogno di questo essenziale processo di trasparenza significa rinunciare alla propria facoltà di critica in nome delle sovrastrutture ideologiche che presiedono all'interpretazione che ciascuno dà dei fatti. Significa pensare che i fatti, se accertati, possano incrinare questo mondo, e in sostanza, invalidarlo. Significa, in ultima analisi, nascondere la verità perché se ne ha paura.

4 commenti:

  1. Non si può avere paura di qualcosa che non esiste.

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  2. Ma, vedi... Una verità oggettiva non esiste. Esistono però i fatti, e quelli lì stanno. Vanno ricostruiti, però, e l'unico modo è sentire tutti quelli che c'erano. Se vuoi sentire solo una campana, è perché hai paura. Non c'è altra spiegazione. :-)

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  3. Ogni campana suona a modo suo, tanto più in frangenti come questi, in cui i vizi ideologici distorcono i rintocchi. Quindi alla fine il suono vero qual è? La frequenza intermedia tra le due campane?

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  4. No. Sono i fatti. Qualsiasi passo in avanti verso i fatti ci porta più vicini. Ecco perché, nonostante tutto, qualsiasi giornalista faccia il suo mestiere, dà fastidio a tutti... ;-)

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