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mercoledì 2 giugno 2010

L'uomo singolare

Si fa molto parlare di Singolarità e nuovi linguaggi per la fantascienza, e questo mi spinge a ripubblicare un'intervista che mi concesse quattro anni fa Charles Stross. Era appena uscito oltreoceano il suo seminale Accelerando e certe tematiche erano trattate in modo ancora embrionale. Oggi, anche grazie a Stross, e nonostante i limiti della sua prosa, questi temi sono la normalità in fantascienza.




Che cos'è questa Singolarità di cui scrivi?


Il ritmo del cambiamento tecnologico è in continua accelerazione e, se si analizza questa tendenza, si arriva ad un punto in un futuro non troppo lontano oltre il quale l'estrapolazione tradizionale diventa inattuabile. L'idea della Singolarità non è completamente nuova. Robert Heinlein per primo evidenziò le implicazioni dell'esponentizzazione del cambiamento in un saggio del 1945, ma fu Vernor Vinge tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90 (epoca in cui lavorava come professore di informatica) a chiedersi come tale idea potesse essere applicata all'Intelligenza Artificiale. Il suo primo discorso pubblico di rilievo in materia (presentato ad un simposio della NASA nel 1993) è disponibile online qui.
Essenzialmente, Vinge postulò una serie di fattori che, nel loro insieme, indicavano la probabilità che l'uomo arrivasse a sviluppare intelligenze meccaniche entro pochi decenni. Se si è in grado di realizzare un software di IA con una potenza cognitiva equivalente a quella di un essere umano, la si può anche far funzionare più velocemente rispetto al tempo reale dotandola di maggiore potenza di elaborazione: si ottiene così un'intelligenza *lievemente sovrumana* in grado di sviluppare molti anni di ragionamento - potenzialmente migliaia di anni di ragionamento umano - in un brevissimo lasso temporale (mesi, giorni, ore… o persino secondi).
Vinge ipotizza poi che possano esistere tipi di conoscenza migliori e più potenti del nostro, superiori al nostro intelletto nella stessa misura in cui noi siamo superiori a una rana o ad un verme. Se creature con un tipo di intelligenza generica come la nostra possono costruire un'intelligenza artificiale che opera in tal modo, allora le IA *lievemente sovrumane*, concentrando migliaia di anni di lavoro in un breve intervallo di tempo, si evolveranno fino a diventare un'intelligenza *fortemente* sovrumana. E, a quel punto, non avremo più il controllo del nostro mondo, non più di quanto il mio gatto di casa non controlli le azioni della mia famiglia.
Vinge non era l'unico a lavorare su queste idee -- in particolare, il Professor Hans Moravec della CMU discusse a lungo le implicazioni dell'IA nel suo libro "Mind Children" - ma fu certamente il primo scrittore di fantascienza a farne il fulcro della propria narrazione a partire dalla fine degli anni '80 con romanzi come "Marooned in Realtime" ("I Naufraghi del Tempo") e "A Fire Upon the Deep" ("Universo Incostante").
Venendo a me, tra la metà e la fine degli anni '90, io ho lavorato per alcune società internet emergenti. Nel 1997, venni assunto con l'incarico di programmatore #1 da una nuova compagnia operante in un ambito che proprio allora si stava affermando con il nome di "dot-com" (firmai un contratto come collaboratore alle dipendenze dei due soci fondatori due settimane prima che la società fosse registrata). Con mia enorme sorpresa, la compagnia fu un successo - essa offriva infatti un servizio necessario a tutti (la capacità di accettare pagamenti effettuati con carta di credito via internet per le banche inglesi) e si espanse a dismisura.
Negli anni '90, parlavamo scherzando solo a metà di "anni internet" - un anno internet corrispondeva a cinque anni di tempo reale: in dieci settimane assistevamo a cambiamenti che una compagnia normale avrebbe vissuto in dodici mesi. Le conseguenze su di me si fecero presto sentire: lo stress di mantenere sempre in funzione i server della compagnia con una crescita mensile del giro di affari pari ad un tasso composto del 30% mi portò molto vicino ad un esaurimento nervoso. Intorno alla metà del 1999, la mia mente viveva in uno stato di strana alterazione ed io, invece di crollare, riuscii a proiettare all'esterno parte del mio disagio iniettandolo in una novella che aveva l'intento di racchiudere almeno parzialmente la sensazione di vertigine data dall'essere al centro del boom dell' industria dot-com al momento del suo culmine. Quella novella era "Lobster" e siccome sembrava aver bisogno di un seguito, un paio di mesi pi? tardi cominciai a scrivere un sequel - e a metà strada mi accorsi di avere un arco narrativo suddiviso in nove parti ed un tema:
"Accelerando" è la saga di una famiglia. Essa segue per circa un secolo di tempo reale tre generazioni di una famiglia altamente disfunzionale ed il brusco picco di una singolarità tecnologica. Il tutto visto con gli occhi di un'entità che in principio è il gatto domestico robot della famiglia e che, successivamente, si evolve in qualcosa di molto più bizzarro.


Alcuni critici hanno sostenuto che tu abbia riportato il cyberpunk nell'ambito della fantascienza. È così?


Non direi.
In passato, verso la metà degli anni '80, leggevo William Gibson come facevano tutti (ricevetti persino alcune copie di CHEAP TRUTH da Bruce Sterling per posta!). Ero un aspirante cyberpunk adolescente. Ma col tempo mi è passata. Forse l'effetto più importante che questa influenza ebbe sulla mia vita è stata la spinta verso lo studio dell'informatica ed un lavoro nell'industria dot-com. Se ACCELERANDO sembra un'opera cyberpunk è perché all'epoca dormivo su un materasso in mezzo ad un appartamento che condividevo con una ragazza dai dreadlocks viola e con 18 computer e un feed di notizie internet, pianificando la mia defezione da una dot-com all'altra. Avrei potuto scrivere un tema sulla mia vita ("che cosa ho fatto questa settimana in ufficio") e se lo avessi potuto spedire via e-mail a Gardner Dozois nel 1980 sarebbe stato definito cyberpunk, ma di tipo troppo bizzarro ("cos'è questa storia dell'Unione Sovietica che si disintegra?").

Sembra anche che tu abbia l'abitudine di collocare piccoli "infodump" all'interno dei tuoi capitoli di modo che il lettore non perda l'orientamento in mezzo a tanta tecnologia. Come mai?


Questo è vero soltanto per ACCELERANDO (e in misura minore per il mio ultimo romanzo di fantascienza, HALTING STATE - in cui, come avrai notato, le parole "singolarità", "computer" o "software" non appaiono mai). Uso stili diversi laddove necessario; ACCELERANDO era così complicato che ho ritenuto fosse meglio includere degli infodump per evitare che il lettore si sentisse completamente perso. Ma normalmente non scrivo ad un tale livello di complessità.


Fantascienza e scienza: un rapporto difficile. Tu, Vinge ed Egan sembrate attribuire un ruolo molto importante alla scienza nei vostri romanzi. Avere una preparazione scientifica è dunque necessario per scrivere fantascienza di buon livello?



Possiamo certamente dire che un'opera narrativa è mal progettata se al suo interno i personaggi si comportano in maniera non realistica o incoerente. Allo stesso modo possiamo criticare un romanzo storico che riporta i fatti in modo errato o un romanzo poliziesco tradizionale in cui le prove contro il colpevole alla fine non risultano convincenti. È dunque lecito criticare un'opera di fantascienza in cui i presupposti di base sono contraddittori o in cui le leggi della natura vengono infrante più per errore che per scelta dell'autore: non perché l'opera non riveli la condizione umana ma in quanto macchiata da un'esecuzione poco curata: In questo caso è logico supporre che anche le conclusioni tematiche di tale opera siano altrettanto frettolose.
Ma, in ultima analisi, se uno cerca il rigore scientifico dovrebbe leggere NATURE o SCIENCE e non un romanzo. Ciò che scriviamo è finzione e ha lo scopo di intrattenere e di svelare la natura umana: e sebbene sia nostro dovere nei confronti dei lettori cercare di dare il meglio, non bisogna perdere di vista l'obbiettivo finale.

La fantascienza cerca di descrivere il mondo che verrà. Il genere fantasy descrive mondi immaginari. Come mai secondo te il fantasy ha più successo sia nelle librerie che al cinema?


Viviamo in un tempo di continui cambiamenti e il fatto che la struttura più popolare dei romanzi fantasy sia basata sulla riconciliazione non è casuale; la vera natura del mondo ha perso il suo equilibrio, è necessario agire e imbarcarsi in ardue ricerche ma, alla fine, il bene trionferà ed il mondo ritroverà la sua stabilità. Si tratta di una struttura essenzialmente normativa - tutto ritorna com'era prima. Al contrario, la fantascienza è una letteratura del cambiamento dirompente. In primo luogo, la complessità e la profondità dei cambiamenti dirompenti che prevediamo ne rendono difficile la rappresentazione (e persino la comprensione) in forma narrativa. Sappiamo troppo del sistema solare per scrivere allegramente di viaggi verso i pianeti o storie d'amore su Marte senza prima esserci fatti strada attraverso volumi di ricerca planetografica e libri sul volo dell'uomo nello spazio. Questo priva la Fantascienza di gran parte dell'evasione e del romanticismo. Ciò che rimane è qualcosa che appare come un poliziesco terribilmente complicato o un fantasy con i tranelli della fantascienza (per esempio, le navi da guerra spaziali). In secondo luogo…la gente legge per svagarsi. E dopo aver subito i colpi di un' indesiderata incertezza per tutto il giorno, non si desidera altro che la semplice consolazione offerta dal fantasy. L'intera civiltà occidentale sta già soffrendo di quello che Alvin Toffler identificò come "future shock", shock da futuro: il mondo cambia troppo velocemente perché noi possiamo comprenderlo pienamente e questo ci lascia con un senso di insicurezza, indecisione ed infelicità.

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