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sabato 25 giugno 2011

Www: la rete buonista



Adesso è sulla cresta dell'onda, alle prese com'è con una trilogia basata sulla nascita di un'AI senziente dall'interno del Web: Robert J.Sawyer, dinamico autore canadese di sf, è ormai rappresentante di punta del genere. E' uscito in questi giorni in Italia, tradotto da Dario Rivarossa e per i tipi di Urania Mondadori, il primo volume di una trilogia, dal titolo WWW: Wake. Attenzione, d'ora in poi faro uno spietato spoiler.
Una storia per molti versi affascinante, che riprende i canoni classici del romanzo di formazione: l'adolescente Caitlin, cieca dalla nascita, riceve un impianto oculare che prima le farà vedere i recessi del World Wide Web, poi le ridarà la vista vera e propria e infine genererà un'intelligenza artificiale che, grazie all'interazione con l'essere umano e l'accesso alla mole imensa di dati della Grande Rete, acquisirà coscienza.



Un romanzo che senz'altro ripercorre il tema caro all'ultima sf della singolarità - riconducibile ad autori come Charles Stross, Vernor Vinge e in parte Greg Egan - ma in un modo meno specialistico e finalmente con linguaggio piano e accessibile a tutti, con in più quel quid di "flowerpower" che è tipico di certi autori canadesi.
Non che WWW: Wake sia un romanzo così innocuo: Caitlinn, alias il genio matematico Calculass, ci riserva qualche sorpresa interiore, specie nel rapporto col padre autistico; un po' meno quando è alle prese con lo scienziato giapponese autore dell' Eye-pod - geniale neologismo coniato per battezzare la protesi-soglia dell'AI senziente - che diventa il suo vero padre putativo. Ogni volta che Caitlin ha a che fare con Kuroda regredisce istantaneamente all'infanzia. Vai a capire perché.
E soprattutto nessuna sorpresa ci riserva il finale, incomprensibilmente banale nel suo arcadico buonismo: l'AI, che - mava'? - decide di farsi chiamare Webmind, si incanta in trenta secondi di lettura davanti a un'immagine della Terra vista dallo spazio che all'inizio nemmeno concepisce come tale, e propone alla sua giovane amica e in un certo senso levatrice di procedere verso il futuro, insieme.
Il tutto dopo una pagina e mezzo di polpettone retorico sul primo volo orbitale dell'Apollo 8 e le parole stucchevoli degli astronauti.
Troppo melodramma e poi troppa fretta di chiudere, troppo buonismo. Accuse non nuove per Robert J.Sawyer, scrittore che ha preso il testimone di Michael Crichton come simbolo della fiction fantascientifica.
Un autentico peccato, perché fino a tre quarti il romanzo è ben congegnato, crea una suspence sottile; l'infodump scientifico è ridotto all'essenziale e comprensibilissimo. Forse la necessità di tagliare, forse le esigenze editoriali, tutte finalizzate alla trilogia prossima ventura, hanno portato a una scelta che lascia il lettore con l'amaro in bocca. Peccato, davvero.

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