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sabato 25 giugno 2011

Quanti Risorgimenti




Venti storie per immaginare un passato diverso e un presente ancora meno familiare: stavolta l'ucronia italiana prende il passo da più lontano rispetto all'ormai un po' frusto standard della reinterpretazione del fascismo, e va a pescare in quel periodo storico-chiave che va noto sotto il nome di Risorgimento. Scelta coraggiosa, quella di Gianfranco De Turris e dei venti autori chiamati al lavoro d'immaginazione, in primo luogo perché quest'anno ricorre il 150. anniversario dell'Unità d'Italia e già tante sono le nubi che si addensano intorno a quello che non tutti considerano un valore; in secondo luogo, proprio perché lavorare d'immaginazione intorno alla Storia - e che storia! - può esporre a brutte figure, sia concettuali, sia di consecutio temporum e soprattutto rerum.
Mi spiego: il manuale della Giovane Marmotta Ucronica stabilisce alla regola n.1. che anzitutto non ci sono regole, e cioè che si può ipotizzare di tutto; però poi bisogna essere consequenziali, e dunque evitare sviluppi o descrizioni non congruenti con lo scenario scelto. La regola n.2 recita peraltro che se l'idea è buona qualche forzatura può non guastare.
Ecco pertanto che l'antologia di racconti proposta da Bietti propone entrambe le cose, dall'ucronia solida e tutta d'un pezzo, magari anche un po' pedante, a chicche come quella di Francesco Grasso col suo Jesse James che si reinventa bandito nel Sud dell'Italia nel 1865 e fa causa comune coi cosiddetti briganti, dando vita a uno scenario un po' azzardato, ma di indubbia presa: secondo la mia personalissima opinione, il racconto più riuscito dell'antologia.
Una lettura un po' alterna, ma preziosa: chi cerca i contorni di un presente "diverso" definiti in pochi tratti decisi si ritroverà nella prosa di Pier Francesco Prosperi; chi si diverte a seguire intrecci a volte anche complessi apprezzerà il cameo dell'Italia massonizzata di Errico Passaro; chi ama la costruzione di personaggi non banali non potrà non ammirare l'acquerello di Gianandrea de Antonellis, chi preferisce infine la storia alternativa classica, con tanta azione militare e anche, perché no, un pizzico di sulfureo, saluterà con simpatia - come ho fatto io - il ritorno di Mario Farneti, e così via.
Se proprio devo andare a trovare un difetto in una raccolta che per ovvie ragioni sono portato naturalmente a valorizzare, forse è l'infodump, ancora eccessivo: quasi tutti gli autori tendono a sovrapporre a scenari convincenti e a personaggi che potrebbero emergere con più agio e sicuro guadagno narrativo faticosissimi trattati storico-alternativi, vere e propri seminari di storia-"altra", dove mancano solo cartine e interrogazioni davanti alla cattedra; sì che dobbiamo capire quali conseguenze, ieri e oggi, dovrebbero avere i "punti di divergenza" scelti per le linee storiche alternative, ma non è detto che tutti si segua con identica passione le sorti di Lubiana o le scelte strategiche degli Schützen o il mutare del soggetto della statua sulla piazza principale di Napoli se l'impresa di Garibaldi fosse riuscita o no.
Insomma, non manca qualche pesantezza di troppo in una collezione di idee non sempre a mio avviso fortunate, ma comunque - va detto - mai banali. Una galleria di autori che non sono sempre i soliti, anche se si capisce più o meno la loro collocazione politica, compresa una maliziosa strizzatina d'occhio al pensiero federalista: poco male, di nuovo le idee in primo piano, esporle e motivarle in fiction è sempre un arricchimento. Polemica, stavolta ce n'è poca o nulla, e questo finalmente può rappresentare un Point Zero niente male per un genere che in Italia si contraddistingue tradizionalmente per un certo tipo di revanscismo, suscitando prese di posizione opposte, dibattiti tanto furiosi quanto inutili, inimicizie paradossali e alla fine un'asfissia creativa.
Perciò viva il lavoro che sta portando avanti Bietti, entrare cioè a piedi uniti nel mondo italiano così accademizzato della fantascienza e del fantastico, proponendo il proprio punto di vista come se si dovesse ricominciare daccapo.
Obiettivo ambizioso? Che sia pure. Magari è la volta buona che, buttando via la vecchia acqua sporca, finiremo per accorgerci che al posto del deserto dei Tartari cui eravamo abituati, non solo c'è un bambino da salvare, ma addirittura una bella nidiata di eredi. Chissà cosa ne penserebbe Ernesto Vegetti...

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