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domenica 30 maggio 2010

Il viaggio di Anatolio






Chi l'ha detto che la fantascienza sia patrimonio esclusivo del mondo anglosassone? Ripesco, da altrove, questo gustosissimo racconto che mi venne spedito dal Perù e approfitto per salutare gli amici Daniel e Adriana.



Il Primo Peruviano nello Spazio



di Daniel Salvo

traduzione di Adriana Alarco de Zadra; adattamento di Giampietro Stocco

  • Daniel Salvo è un autore peruviano. Ci invia, tradotto in italiano, un gustoso racconto di fantscienza paradossale...

  • Anatolio Pomahuanca aveva tutte le ragioni per odiare i bianchi. Da cent' anni, loro avevano invaso e conquistato il suo mondo e ridotto i suoi antenati alla triste condizione di servi, o comunque cittadini di seconda categoria.
    Ci sono stati, sì cambiamenti storici: guerre d' indipendenza, ribellioni e rivoluzioni; i bianchi sono però rimasti sempre coloro che governavano e decidevano tutto, in Perù come nel resto del mondo.
    "Adesso viviamo in democrazia", dicevano. "Abbiamo fatto grandi progressi in materia di diritti umani ed integrazione", proclamavano.
    Quando sentiva ripetere quelle frasi false, Anatolio sorrideva storto. Non erano forse bianchi il presidente, i militari ed i sacerdoti? Qualcuno aveva visto, almeno una volta, un nativo occupare un incarico importante? Se fosse stato in condizioni di farlo, Anatolio avrebbe sputato per terra: tutti i bianchi erano merde.
    Quello che le impediva di farlo era il luogo dove si trovava: un cubo metallico, poco illuminato, con controlli e schermi. Era il ponte di commando di una nave spaziale in orbita. Come tutte le altre navi, apparteneva alle Nazioni Unite. La sua missione era di routine, la misura dei venti solari, ma in questo caso presentava un elemento nuovo: Anatolio Pomahuanca era il primo peruviano nello spazio.
    Tutto il mondo considerava un onore il suo far parte dell' equipaggio della nave. Lui, però, non si faceva illusioni. Il suo lavoro come ingegnere di mantenimento, era uguale a quello di un impiegato in una stazione di servizio. La nave, costruita con la migliore tecnologia dei bianchi, risultava un immenso meccanismo automatico destinato a condurre un programma seguendo una sequenza precisa di istruzioni.
    In realta`, tanto Anatolio quanto tutto l' equipaggio erano soltanto passeggeri. Gli strumenti per la navigazione ed i comandi avrebbero comunque svolto ogni compito automaticamente.
    Sbadiglio`. Il suo breve turno sul ponte di commando stava per finire. Aveva svolto tutti i lavori assegnati. Controllare lo schermo, verificare il misuratore, informare sulle coordinate, tutte attivita` inutili.
    Dovevano pur mantenerlo occupato, penso` con amarezza.
    Il capitano della nave, che era anche il capo de la missione, entro` nella cabina. Sorrise ossequiosamente ad Anatolio, che rispose annuendo e, svogliato, si alzo`.
    "Tutto bene, Pomahuanca?", chiese il capitano in perfetto spagnolo. Anatolio odiava i bianchi in genere, e ancora di piu` quelli che pretendevano di guadagnarsi la sua amicizia e la sua fiducia. Era sempre facile capire le loro intenzioni, smascherare il falso rispetto che nascondeva lo scherno dei bianchi o, peggio ancora, la loro commiserazione per la sua razza.
    "Tutto bene, capitano."
    "Fino a questo momento, lei si e` impegnato nel lavoro. E' una grande opportunita` per un ingegnere giovane come lei, far parte di questa missione. Molti peruviani vorrebbero occupare il suo posto."
    "Si, vero?".
    Anatolio sapeva che i bianchi erano incapaci di capire lo sdegno che significavano quelle parole. In realta`, sapeva che i bianchi lo consideravano una razza inferiore, una specie di animale che nel passato avevano sfruttato senza pietà e che adesso dovevano trattare meglio. Ma non lo avrebbero mai considerato un loro pari.
    "Ma certo, Pomahuanca. Lei ha dimostrato la capacita` di un vero uomo peruviano partecipando alla esplorazione dello spazio. Sù, sempre piu` sù, come diceva il vostro pioniere dell' aviazione, il pilota Jorge Cha`vez!"
    "Di quale capacita` mi parla, capitano? Della capacita` di lavorare in una miniera? Della capacita` di trascinare un aratro? Della capacita` di essere servo in casa di un bianco?"
    Anatolio fini` la frase senza rendersi conto che la sua voce era diventata stridula.
    Il capitano mantenne il suo sorriso. Anatolio sospiro`. Aveva già rivolto le stesse domande ad altri bianchi e le reazioni erano state diverse. Qualcuno si ritirava in silenzio, altri lanciavano insulti. Anatolio preferiva questi ultimi, perché almeno, manifestavano i loro sentimenti.
    Il capitano era uno dei peggiori: apparteneva a quelli che credevano che bianchi e nativi convivesseroi già in armonia, come se i secoli di storia avessero cancellato le ferite del passato. Nei libri e nei discorsi ufficiali non si parlava piu` d' invasione o di conquista ma di un incontro di due mondi o di due culture: sembrava incredibile che i bianchi credessero alle loro stesse menzogne.
    "Ci sono bianchi, come dice lei, che si occupano anche dei lavori di cui lei parlaa. In ogni caso, il lavoro ci rende degni."
    "Ma quei lavori li danno sempre a noi! Perché non ci lasciano essere presidenti, ministri od ambasciatori?"
    "Tutto a suo tempo, Pomahuanca. Mi dispiace che le cose siano state diverse per noi due, che dobbiamo essere schiavi del nostro passato."
    "Ma di quale schiavitù parla? Essere proprietari, impresari o militari e` schiavitù? Condurre macchine di lusso e`schiavitù? Apparire in televisione è schiavitù? Non è cambiato nulla, capitano, noi saremo sempre i conquistati e voi i conquistatori."
    "Allora come spiega la sua presenza qui, Pomahuanca? Come spiega il fatto che sua educazione sia stata interamente gratuita e che abbia potuto fruire dei piu` alti standard nelle migliori universita`? E il suo servizio sanitario? E perché non parliamo di questa missione? Secondo la sua logica soltanto i bianchi, come le piace chiamarci, dovrebbero farne parte, no?"
    Anatolio Pomahuanca tremava di odio e di rabbia. Chiuse i pugni, e lasciò che i suoi pensieri uscissero liberamente dalla bocca: potevano fargli quello che volevano, castigarlo o degradarlo. Almeno avrebbe avuto la soddisfazione di dire al capitano quello che veramente pensava.
    "Per voi io sono soltanto un ornamento! Un simbolo! Volete solo annunciare che avete portato un peruviano nello spazio! Cosi`, tutti crederanno alla balla della convivenza armoniosa!"
    Dalla faccia del capitano scomparve il sorriso. Gli occhi diventarono minuscole righe parallele, senza colore e la bocca gli si chiuse in una linea stretta. Ripiego` le sue appendici uditive e si diresse verso la sala di commando. La sua pelle squamosa mancava completamente di colore, eccetto per il pennacchio blu che quelli della sua specie portavano sulla testa. Per questo, i pochi terrestri che erano sopravissuti alle guerre di conquista degli invasori dello spazio li chiamavano "bianchi".
    "Lei si puo` ritirare, Pomahuanca. Sia pronto per il prossimo turno", disse il capitano, congedandolo con un gesto delle sue mani membranose.

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