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mercoledì 28 dicembre 2011

La memoria difettosa

Lo confesso: da sempre provo sensazioni contrastanti per Giorgio Bocca. Negli anni '70 lo seguivo col settarismo di un giovane suggestionato dai movimenti dei suoi tempi, negli anni '80 lo leggevo avidamente per la causticità sui mali endemici della nazione-Italia; negli anni '90 mi sono trovato a valutare con perplessità certe tirate al limite del razzismo, in questo decennio ho goduto, lo confesso, a vederlo irridere al perbenismo di Fabio Fazio con provocazioni al limite dell'autolesionismo.
Chi era, davvero, Giorgio Bocca? Un antitaliano, in molti hanno scritto, un "signornò" ha detto qualcun altro, e forse questa è la descrizione più efficace. Un giornalista tormentato, testimone del suo tempo, capace di andare controcorrente anche a scapito del buon senso. Un uomo che del paradosso ha fatto il suo manifesto di vita, un po' come Oriana Fallaci fece della propria ira il filtro privilegiato.
Certo, l'ira di Fallaci o il "bastiancontrarismo" di Bocca non sempre hanno centrato il bersaglio. Identificare un nucleo critico all'interno di temi considerati tabù non solo dalla sinistra, ma dalla cultura italiana egemone è già di per sé un atto di coraggio, figurarsi andare oltre e accarezzare il drago contro il senso delle squame.
Perché è vero che non è giusto fare di tutta un'erba un fascio e inneggiare a "Forza Vesuvio" come il beffardo Bocca di Che tempo che fa, oppure invocare la civiltà occidentale contro l'Islam da parte di Oriana Fallaci.
Ma è altresì più che vero, sacrosanto, dire e ripetere che il Sud è in gran parte causa del proprio male, che una mentalità antica e deteriore è all'origine di mafie e malaffare, che generazioni di politici meridionali e di persone comuni hanno vissuto all'ombra dell'assistenzialismo, configurando un vero e proprio parassitismo di Stato.
Così come è vero che se l'Islam non è solo la sua parte più deteriore, in nome di una viscida politically correctness non si può ignorare che parte dell'Islam educhi gli estremisti omicidi, pratichi una versione medievale della Shari'ia con tutto ciò che questo comporta in termini di discriminazione sessuale, infibulazione, opposizione alla modernità.
C'è da chiedersi perché una parte della sinistra italiana si schieri a favore delle ipocrisie che nascondono queste verità. L'appoggio acritico alla causa palestinese ne è una cartina di tornasole: come in passato l'estrema sinistra appoggiava i palestinesi comunisti e laici, oggi la sinistra radicale italiana ritiene di fare lo stesso con i palestinesi attuali, molto più spostati a destra, pur di manifestare il proprio odio nei confronti di Israele. Israele che, va detto, continua a calpestare diritti umani e non solo, anche se questo non autorizza alcuno a reagire con la barbarie di certi gruppi che contro Israele combattono.
Antichi retaggi politici, senso di identità, creazione di "spogliatoio" intorno a parole d'ordine tanto semplici quanto efficaci. Il passato è più vicino di quanto non si pensi.
Simile è l'operazione ideologica messa in campo con la denigrazione post-mortem di Giorgio Bocca. Su molti siti web è stato evidenziato il passato negativo del giornalista come se questo fosse l'unico possibile paradigma riassuntivo della sua vita.
Posto che nessuno si nobilita morendo, è vero anche il contrario. Nessuno necessita una lapidazione post-mortem, nessuno merita un ostracismo a prescindere.
Giorgio Bocca è stato molte cose. Tutte vanno ricordate, perché di Bocca ci rimangono, grazie al cielo, gli scritti. Libri e articoli, che ci aiutano a ricostruire una personalità complessa, certo non accattivante, mai banale.
Banalizzarne l'intera esistenza additando singole manifestazioni provocatorie all'odio politico equivale alle sparate di fango che caratterizzarono e caratterizzano ancora certa stampa di destra. un'operazione, va detto, oltre che un po' vigliacca, a sua volta autolesionistica, perché chi maneggia lo sporco finisce quasi sempre per imbrattarsi.
Un artista non sospetto alla sinistra come Claudio Lolli scriveva, nella sua famosissima Ho visto anche degli zingari felici: "è vero che i poeti ci fanno paura. Perchè i poeti accarezzano troppo le gobbe, amano l'odore delle armi, odiano la fine della giornata. Perchè i poeti aprono sempre la loro finestra anche se noi diciamo che è una finestra sbagliata".
Giorgio Bocca, nel bene e nel male, è stato un poeta della penna.
E i poeti, ai giacobini, non sono mai piaciuti.

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